I MONTI DELLA TOLFA PRIMA DI HOMO SAPIENS
I monti della Tolfa , sono situati nel Lazio, al margine settentrionale della Provincia di Roma, a breve distanza dalla costa tirrenica, tra Tarquinia, Civitavecchia e il territorio di Cerveteri. Il paesaggio è quello dei Monti della Tolfa, più colline che Monti (altezza massima Monte Maggiore circa 633 metri di quota), tra cui risaltano alcuni rilievi più aspri, i domi, prodotti di un’attività vulcanica databile tra due e quattro milioni di anni da oggi, la più antica del Lazio. A questa origine si deve la straordinaria ricchezza di materie prime che in passato ha fatto di questo territorio un importante distretto minerario. Soprattutto l’alunite (minerale da cui si ricava l’allume), presente in quantità enormi, in epoca moderna ha rappresentato un’impresa economica di portata assoluta, ricordata come la più grande attività industriale europea de l’ancient regime. Le testimonianze di questi trascorsi minerari con i segni delle molte cave a cielo aperto, sono oggi riconquistate dalla vegetazione e offrono suggestivi scenari tra natura e archeologia industriale mentre i due piccoli centri che insistono sui Monti della Tolfa (il paese di Allumiere e quello di Tolfa) mantengono inalterato il fascino di una centralità sopita. L’eco delle visite papali riecheggia, proprio ad Allumiere, nel Palazzo della Reverenda Camera Apostolica, a ricordo del tempo in cui fra Cinquecento e Settecento, i Medici, Agostino Chigi e le più importanti famiglie genovesi si susseguivano nel controllo dei traffici dell’allume di Roma in tutta Europa.
Grandi mammiferi e uomini nel Paleolitico
I Monti della Tolfa conservano preziose testimonianze delle fasi iniziali del popolamento del Lazio e, più in generale dell’intera Penisola, per cui il Museo Adolfo Klitsche de La Grange di Allumiere, di concerto con la Soprintendenza per i beni Archeologici per l’Etruria meridionale e in collaborazione con l’università di Roma La Sapienza e istituto di Geologia ambientale e Geoingegneria del Cnr, ha di recente avviato un progetto di ricerca. I dati preliminari sottolineano lo straordinario potenziale di informazioni sulla preistoria di questo territorio. Di grande importanza per il paleolitico inferiore è il sito della Ficoncella, bassa valle del Mignone, vicino a Tarquinia. La presenza di mammiferi fossili in questa zona era nota già dagli scorsi anni ottanta grazie al casuale rinvenimento di una parte di difesa e di u frammento scapolare di Palaeoloxodon antiquus, il grande elefante estinto dalle zanne lunghe e poco arcuale, così, dal 2009 sono state avviate campagne d’indagine tese all’individuazione del livelli fossiliferi, alla valutazione dell’entità del deposito e alla sua salvaguardia, lo scavo alla Ficoncella ha consentito il ritrovamento dello scheletro disarticolato di un elefante adulto, probabilmente un maschio (sono stati messi in luce il cranio, danneggiato ma di cui sono stati conservati il ventaglio e le difese, e alcune vertebre). Altri resti scheletrici indicano la presenza dell’Uro (Bos primigenius), del cervo nobile (Cervus elephus) e del cavallo (Equus sp.). è stato ritrovato anche un grosso coprolite riferibile a una iena. Il sito della Ficoncella ha poi restituito numerosi manufatti in selce e calcare, le testimonianze più antiche lasciate dall’uomo sui Monti della Tolfa. La presenza di un livello vulcanico databile a circa 450 mila anni fa al tetto della sequenza sedimentaria, indica infatti che i livelli con i resti di fauna e industria della Ficoncella si sono deposti in epoca di poco presedente, forse intorno a 500mila anni fa, durante un intervalli temperato-caldo del Pleistocene medio-inferiore. L’area aveva allora un aspetto molto diverso dall’attuale: la valle del Mignone era meno incisa, percorsa da corsi d’acqua lenti che, non lontano dal mare, divagavano nella pianura alluvionale popolata da grandi erbivori, mentre ai margini delle zone prative si estendevano boschi e caducifoglie. Scenari naturali che costituiscono lo sfondo del primo popolamento dei monti della Tolfa. Ora le tracce restituite dal sito della Ficoncella potranno aiutarci a meglio comprendere le dinamiche comportamentali di quei gruppi umani del paleolitico inferiore e le loro strategie di sussistenza.
Un gigante nella preistoria: elegante antico o Elefante dalle zanne dritte
Palaeoloxodon antiquus è una delle specie animali più comuni nel Pleistocene medio e superiore italiano. Compare in Europa e in Italia alla fine del Pleistocene inferiore, poco più di 800 mila anni fa. La specie, già considerata tipica di foreste e indicatrice di condizioni climatiche calde, se pur abbondante nei periodi interglaciali, persiste anche durante le fasi climatiche più fredde. L’elefante antico prediligeva ambienti di foresta aperta o prateria arborata dove si cibava di erbe tenere nella stagione umida e di foglie e rami in quella secca. Probabilmente è il più grande tra tutti gli elefanti fossili europei. Nei maschi adulti l’altezza alla spalla poteva superare i quattro metri ed il peso le dieci tonnellate, mentre le difese, lunghe o poco ricurve- che hanno valso alla specie il nome di straight-tusked elephant– potevano raggiungere i quattro metri di lunghezza.